Tribunale Bari
Sezione 2 Civile, Sentenza del 20 luglio 2009, n. 2443
E' fondata l'opposizione all'esecuzione che sia proposta ai sensi
dell'art. 615 c.p.c. avverso l'atto di precetto con cui l'opposto intimi
il pagamento delle somme dovutegli a titolo di assegno di mantenimento,
qualora l'opponente intenda contestarne gli importi rivendicati.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, infatti, deve
proporsi nelle forme dell'opposizione all'esecuzione e non invece agli
atti esecutivi, l'opposizione con cui il debitore esecutato miri a
contestare la somma di cui gli venga intimato il pagamento. Ne deriva
che l'azione proposta al fine di contestare il diritto del creditore di
procedere all'esecuzione forzata per l'importo intimato in precetto,
deve ritenersi legittimamente esercitata ai sensi dell'art. 615 c.p.c.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BARI
SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Giudice Unico Luigi Agostinacchio ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile iscritta nel registro generale affari contenziosi sotto il numero d'ordine 13355 dell'anno 2007,
Tra
Lo.Ra., elettivamente domiciliato in Bari
alla via (omissis), presso e nello studio dell'avv. Na., nonché
rappresentato e difeso dall'avv. Ma.Ma., in virtù di mandato a margine
dell'atto di citazione.
- Opponente -
Contro
Te.Su., elettivamente domiciliata in Bari
alla via (omissis), presso e nello studio dell'avv. Gi.Ro., dal quale è
rappresentata e difesa, in virtù di mandato a margine della comparsa di
costituzione e risposta
- Opposta -
All'udienza del 14/5/2009, la causa è
passata in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti,
precisate come da fogli allegati.
FATTO
Con atto di citazione notificato il
5/12/2007 Lo.Ra. spiegava opposizione all'esecuzione, deducendo l'errata
quantificazione delle somme indicate nell'atto di precetto del
7/2/2007, a mezzo del quale Te.Su. gli aveva intimato il pagamento di
quanto dovuto a titolo di assegno di mantenimento e relativo al periodo
dicembre 2003 - ottobre 2006, oltre alle spese inerenti due precedenti
atti di precetto divenuti inefficaci, per l'importo complessivo di Euro
3.493,09.
Tutto ciò premesso, chiedeva accertarsi
l'errata quantificazione della sorte capitale, nonché l'erronea ed
illegittima quantificazione di competenze legali ed onorari indicate in
precetto e per l'effetto dichiararsi la nullità e/o l'annullamento
dell'atto di precetto e del conseguente atto di pignoramento
immobiliare; il tutto con vittoria di spese e competenze di causa, ivi
comprese quelle relative al giudizio n. 5107/2007, da distrarsi in
favore del procuratore antistatario.
Con comparsa di costituzione del 7/2/2008
si costituiva Te.Su. deducendo l'inammissibilità dell'opposizione per
decorso del termine di decadenza di cui all'art. 617 c.p.c.; nel merito
concludeva per il rigetto dell'opposizione, manifestamente infondato,
con vittoria delle spese di lite, da distrarsi in favore del procuratore
antistatario.
Instaurato il contraddittorio, la causa
era riservata per la decisione all'udienza del 14/5/2009 con la
concessione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e
memorie di replica.
DIRITTO
Occorre preliminarmente esaminare
l'eccezione di inammissibilità dell'opposizione spiegata dalla difesa
dell'opposta, atteso il carattere potenzialmente assorbente della
questione.
L'eccezione deve essere disattesa in
quanto per giurisprudenza costante costituisce opposizione
all'esecuzione - e non agli atti esecutivi - quella proposta dal
debitore esecutato il quale sostenga che è superiore a quella da lui
dovuta la somma di cui gli viene intimato il pagamento, investendo essa
il diritto dell'istante di procedere ad esecuzione forzata, sia pure
limitatamente ai predetti importi(cfr. Cass. n. 5489/1984).
Ne consegue che la presente opposizione,
spiegata ai sensi dell'art. 615 c.p.c. al fine di accertare
l'inesistenza del diritto del creditore di chiedere anche la parte di
somma in contestazione, deve ritenersi ammissibile.
Quanto al merito, l'opposizione è parzialmente fondata e deve essere accolta per quanto di ragione.
Il Lo., pur riconoscendo di essere
debitore di somme nei confronti del proprio coniuge, contesta sotto un
duplice profilo il conteggio degli importi come quantificati nel
precetto del 7/2/2007.
Occorre premettere che a seguito del
ricorso proposto dalla Te. ai sensi dell'art. 156, sesto comma, c.c., il
Trib. Bari ha ordinato all'I.N.P.S. "di versare direttamente alla
ricorrente la somma di Euro 76,45 mensili, dovuta a titolo di
mantenimento dal proprio assicurato, Lo.Ra., detraendola dalla pensione
corrisposta in favore di quest'ultimo" (cfr. ordinanza del 11/4/2006 in
atti).
Il provvedimento in parola è stato quindi
notificato all'ente previdenziale in data 10/5/2006; tuttavia, soltanto
a far data dal dicembre 2006 e dopo una formale messa in mora, questo
ha prestato ottemperanza all'ordine di pagamento diretto in favore della
Te. la quale ha sottoscritto i singoli cedolini pensione per ricevuta
(cfr. documentazione in atti).
Si ritiene in giurisprudenza che
l'effetto dell'ordine rivolto al terzo consista nel trasferimento della
titolarità attiva dell'obbligazione, alla stregua di una cessione del
credito attuata ope iudicis, senza necessità del consenso del debitore
ceduto (arg. ex Cass. n. 2837/1980).
Discende da tale impostazione - alla
quale si ritiene di aderire - che soggetto obbligato ad erogare la
prestazione alimentare dovuta al coniuge beneficiario sia il terzo -
debitore ceduto.
Nel caso di specie, tale obbligo è sorto
per effetto della pronunzia giurisdizionale del 11/4/2006;
successivamente il legale della Te., riscontrato il perdurante
inadempimento dell'I.N.P.S., ha provveduto a metterlo in mora,
intimandogli l'immediata corresponsione delle somme detratte dalla
pensione del Lo. e spettanti in virtù del citato provvedimento alla
creditrice opposta.
Deve pertanto ritenersi che sotto questo
aspetto l'opposizione del Lo. sia fondata, atteso che egli non era
tenuto al pagamento diretto in favore della moglie delle mensilità
relative al periodo agosto - ottobre 2006, per le quali deve viceversa
ritenersi obbligato l'ente previdenziale.
L'opponente si duole inoltre di un'errata
quantificazione delle competenze legali, conseguenti all'intimazione di
una somma maggiore di quella realmente dovuta.
Anche tale doglianza merita accoglimento,
atteso che il coefficiente di applicazione dei diritti e degli onorari
spettanti al procuratore e portati nel precetto è quello della sorte
capitale precettata che rappresenta, secondo la tariffa, il credito per
cui si procede ai sensi dell'art. 17 c.p.c. (cfr. Cass. 12270/2002).
Tale somma nel caso di specie è pari ad
Euro 2.400,00 (= 75,00 x 32 mensilità, in luogo di 35); ne consegue che
la finca di riferimento per calcolare gli onorari giudiziali e i diritti
di avvocato è quella da Euro 1.600,00 ad Euro 2.600,00 e non quella
superiore cui ha fatto riferimento il legale della Te. nell'atto di
precetto.
Rimane da esaminare l'ultimo motivo di
opposizione con il quale il Lo. contesta la legittimità dell'inclusione
nel precetto opposto delle spese relative a due precedenti atti di
precetto, divenuti inefficaci; in particolare, il primo atto di precetto
notificato il 3/6/2006 ha condotto ad un pignoramento negativo, mentre
il secondo notificato al Lo. in data 2/11/2006, è divenuto inefficace
per decorso del termine di cui all'art. 481 c.p.c.
Anche tale doglianza è fondata.
Con riferimento al precetto seguito da un
pignoramento mobiliare negativo, la Suprema Corte, chiamata ad
occuparsi di una fattispecie analoga, con sentenza n. 20836 del 2006
(puntualmente richiamata dalla difesa del Lo.) ha precisato che
"l'articolo 95 c.p.c., nel porre a carico del debitore esecutato le
spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che
partecipano utilmente alla distribuzione, presuppone che il processo
esecutivo sia iniziato con il pignoramento eseguito dall'ufficiale
giudiziario. Pertanto detta disposizione non può trovare applicazione in
caso di pignoramento negativo e di mancato inizio dell'espropriazione
forzata, con la conseguenza che, divenuto inefficace il precetto per
decorso del termine di novanta giorni, le spese di esso restano a carico
dell'intimante, in forza del combinato disposto dell'art. 310 e
dell'art. 632 u.c., secondo il quale le spese del processo estinto
restano a carico delle parti che le hanno anticipate".
Con riferimento invece alle spese
sostenute dalla Te. per l'intimazione del 2/11/2006, la Corte di
legittimità ha chiarito che "la sopravvenuta inefficacia, del precetto
non seguito dall'inizio dell'esecuzione nel termine di novanta giorni
dalla sua notifica non comporta, se l'inerzia è dovuta al succedersi
delle vicende di causa (nella specie, opposizione al precetto e
provvedimento giudiziario di sospensione della esecuzione, poi,
revocato), la perdita del diritto della parte al rimborso delle relative
spese e competenze" (Cass. n. 12288/1995); argomentando a contrario
deve ritenersi che ove invece la perdita di efficacia sia dipesa da mera
inerzia del creditore, come nel caso di specie, questi dovrà sopportare
i relativi costi.
Occorre pertanto rideterminare il credito a base del precetto opposto, depurandolo delle voci non dovute.
L'opposizione non può essere accolta
nella parte in cui il Lo. chiede dichiararsi la nullità dell'atto di
precetto e del conseguente pignoramento.
Infatti, come reiteratamente affermato
dalla Suprema Corte "la circostanza che la parte istante indichi nel
precetto una somma superiore a quella dovuta dal debitore non da luogo
ad una irregolarità dell'atto, ma ad un eccesso nell'esercizio del
diritto a procedere ad esecuzione forzata.
L'accoglimento di tale opposizione
produce il formarsi di un giudicato sul punto che la somma in
contestazione non è dovuta, ma ciò non incide sulla idoneità del
concreto precetto con cui è stata domandata a fungere, sia pure per il
minore ammontare, come presupposto dell'espropriazione ancora da
iniziare o tuttavia iniziata" (Cass. n. 2123/1998 richiamata dalla
difesa della creditrice opposta).
In conclusione, l'accertata errata
quantificazione delle somme indicate nel precetto opposto comporta una
rideterminazione delle stesse, senza tuttavia che possa farsene
ulteriormente discendere una declaratoria di integrale nullità dell'atto
di precetto e del conseguente pignoramento immobiliare, che dunque
rimane in piedi nei limiti del minore importo accertato.
Quanto alle spese del giudizio, in
considerazione dell'accoglimento solo parziale dell'opposizione
sussistono giusti motivi per compensare nella misura della metà le spese
del giudizio, con condanna della convenuta soccombente al pagamento del
residuo, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Giudice, definitivamente pronunziando
sull'opposizione all'esecuzione proposta con atto di citazione
notificato il 5/12/2007 da Lo.Ra. nei confronti di Te.Su., così
provvede:
1. accoglie l'opposizione nei limiti di
cui in motivazione e per l'effetto dichiara che Te.Su. ha diritto di
procedere ad esecuzione forzata in danno dell'opponente nei limiti del
minor credito, così determinato: a) Euro 2.400,00 per sorte capitale,
oltre rivalutazione monetaria; b) spese e competenze legali calcolate
secondo i valori indicati dalla tariffa forense nella finca compresa fra
Euro 1.600,00 ad Euro 2.600,00; c) interessi legali sino al soddisfo,
così riducendosi il credito di cui all'atto di precetto opposto;
2. compensa per metà le spese del
giudizio tra le parti, liquidando il tutto in complessivi Euro 1.240,50
(Euro 90,50 per spese; Euro 500,00 per diritti; Euro 650, 00 per
onorari) e condannando la convenuta al pagamento del residuo di Euro
620,25; oltre spese generali ex art. 14 tariffe forensi, CAP e IVA come e
se per legge dovuti.
Così deciso in Bari il 16 luglio 2009.
Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2009.
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