Corte di Cassazione sentenza 11 marzo - 3 aprile 2008, n°8549
La fattura,
ove proveniente da un imprenditore esercente attività commerciale e
relativa fornitura di merci o prestazioni di servizi (anche a cliente
non esercente, a sua volta, la medesima attività), rappresenta idonea
prova scritta del credito quale richiesta ex lege per l'emissione di un decreto ingiuntivo, sempre che ne risulti la regolarità amministrativa e fiscale.
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 7.11.1995, M. D. proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo del Pretore di Savona
n. 234/1995, con cui le veniva ingiunto, quale titolare della ditta IC
Import, di corrispondere l'importo di 9720 franchi svizzeri, sulla base
di fatture prodotte. Il Tribunale di Savona rigettava l'opposizione.
La
M. proponeva appello.
La corte di appello di Genova, con sentenza n. 17/2003, rigettava
l'appello. Riteneva la corte territoriale che, pur non potendosi
attribuire alla lettera datata 2.5.1991, dell'avv. Nasuti Greco, legale
dell'opponente, natura di ricognizione di debito o natura confessoria,
essa costituiva indizio della fondatezza della pretesa creditoria, dato
il raccordo con la documentazione prodotta; che lo stesso legale
nell'altra lettera del 12.11.1991 riconfermava l'ammissione del debito
di Fs 9720, di cui alle fatture, limitandosi a sostenere che queste
ultime erano prive di visto doganale.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione M. D., che ha
anche presentato memoria. Non ha svolto attività difensiva l'intimata.
Motivi della decisione
l. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione o
errata applicazione delle norme di diritto (art. 2720 c.c., in relazione
all'art. 360 n. 3 c.p.c).
Ritiene la ricorrente che erratamente la sentenza impugnata ha
riconosciuto natura ricognitiva di debito alle missive del suo
difensore, con conseguente carattere confessorio, con ciò violando
l'art. 2720 c.c..
2.1. Il motivo è infondato.
La corte territoriale, infatti, contrariamente all'assunto della
ricorrente, non ha ritenuto che le lettere del difensore dell'appellante
avessero la natura di atti di ricognizione a norma dell'art. 2720 c.c.
Essa si è limitata a ritenere che tali missive avessero solo il
carattere di meri indizi, liberamente valutabili.
Tale principio è corretto.
Infatti è giurisprudenza pacifica che le dichiarazioni del difensore
sfavorevoli al proprio assistito, anche se inserite in atti non
qualificabili di parte (quali le lettere inviate alle controparte, anche
prima dell'instaurazione del giudizio, nonché le memorie illustrative,
le comparse conclusionali e di replica), possono essere utilizzate come
elementi indiziari, valutabili ai sensi ed alle condizioni dell'art.
2729 c.c. (Cass. 15/05/1997, n. 4284; Cass. 29/09/2005, n. 19165).
2.2. Quanto alla censura secondo cui erratamente la sentenza impugnata
avrebbe ritenuto provata la pretesa creditoria sulla base della missiva
del 25.5.1991, essa è inammissibile, per mancato rispetto del principio
di autosufficienza del ricorso. Qualora, con. il ricorso per Cassazione,
venga dedotta l'omessa od insufficiente motivazione della sentenza
impugnata per l'asserita errata valutazione di risultanze processuali
(un documento, deposizioni testimoniali, dichiarazioni di parti,
accertamenti del c.t., ecc.), è necessario, al fine di consentire al
giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza
non valutata o erroneamente valutata, che il ricorrente precisi - ove
occorra, mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso la
risultanza che egli asserisce erratamente valutata o insufficientemente
valutata, dato che, per il principio di autosufficienza del ricorso per
Cassazione, il controllo deve essere consentito alla corte di cassazione
sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è
possibile sopperire con indagini integrative (Cass. 23.3.2005, n. 6225;
Cass. 23.1.2004, n. 1170).
Nella fattispecie non risulta trascritto nel ricorso il contenuto di
tale lettera del difensore dell'opponente.
3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione
dell'art. 634 c.p.c, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione della sentenza, in quanto il decreto ingiuntivo , attenendo a
somministrazioni di merci, non poteva essere emesso che sulla base di
estratti autentici delle scritture contabili.
4. Il motivo è infondato.
Il decreto ingiuntivo in questione è, infatti, stato emesso sulla base
di fatture commerciali.
La fattura,
ove proveniente da un imprenditore esercente attività commerciale e
relativa fornitura di merci o prestazioni di servizi (anche a cliente
non esercente, a sua volta, la medesima attività), rappresenta idonea
prova scritta del credito
quale richiesta ex lege per l'emissione di un decreto ingiuntivo,
sempre che ne risulti la regolarità amministrativa e fiscale. Deve
escludersi, peraltro, che la stessa fattura possa rappresentare nel
giudizio di merito - e anche in quello di opposizione al decreto
ingiuntivo ottenuto in base a essa - prova idonea in ordine così alla
certezza, alla liquidità e alla esigibilità del credito dichiaratovi,
come ai fini della dimostrazione del fondamento della pretesa. La
fattura, infatti, si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto
partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all'altra
parte di fatti concernenti un rapporto già costituito, per cui quando
tale rapporto sia contestato tra le parti, la fattura, ancorché annotata
nei libri obbligatori, proprio per la sua formazione a opera della
stessa parte che intende avvalersene, non può assurgere a prova del
contratto, ma, al più, può rappresentare un mero indizio della
stipulazione di esso e dell'esecuzione della prestazione, mentre nessun
valore, neppure indiziario, le si può riconoscere in ordine alla
rispondenza della prestazione stessa a quella pattuita, come agli altri
elementi costitutivi del contratto (Cass. 4/03/2003, n. 3188; Cass.
08/06/2004, n. 10830).
Nella fattispecie, quindi, ben poteva essere emesso il decreto
ingiuntivo sulla base delle predette fatture commerciali.
5. Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla per le spese del giudizio di
Cassazione, non avendo svolto attività difensiva la parte intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di Cassazione.