venerdì 24 giugno 2011

IL CONTRATTO DI LOCAZIONE

Il contratto di locazione è un contratto consensuale con efficacia obbligatoria con il quale – come previsto dall’art. 1571 cod. civ. – si costituisce, nei confronti del conduttore, il diritto al godimento, in tutto o in parte, di un bene mobile o immobile, per un tempo determinato e verso un certo corrispettivo.
In relazione a questo tipo di contratti l’art. 1350 del cod. civ. prevede la forma scritta solo se la durata della locazione è superiore ai 9 anni: se ne deduce, quindi,che per i contratti di durata inferiore, la forma è libera. Senonchè la disciplina delle locazioni è stata modificata varie volte attraverso delle leggi speciali, tra cui la legge 392/1978, e la legge 431/1998. Quest’ultima legge, che disciplina le locazioni urbane ad uso abitativo all’art. 1, ultimo comma, ha disposto la forma scritta a pena di nullità per i contratti di locazione aventi a oggetto immobili destinati a uso abitativo. Per la locazione di immobili destinati a uso diverso da quello abitativo, invece, restano in vigore le disposizioni della legge 392/1978 (artt. 27 e ss) che non prevedono questo obbligo.
Occorre aggiungere, tuttavia, che L’articolo 1, comma 346, della Finanziaria 2005, con l’obiettivo di contrastare l’evasione fiscale, prevede che ” i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati“. Se il contratto nullo allora è incapace di produrre effetti e, quindi, da tale contratto non deriva in capo ai contraenti alcun diritto e alcun obbligo, con la conseguenza che l’inquilino non può pretendere di utilizzare l’edificio ricevuto in locazione e, in modo parallelo, il proprietario non può pretendere il pagamento del canone stabilito nel contratto.
Venendo al quesito, credo che se al preliminare da lei sottoscritto non è seguito un contratto scritto di locazione, tuttavia è stato perfezionato comunque un contratto (verbale); questo contratto, tuttavia, deve riteneri nullo con tutte le conseguenze che ciò comporta.
Egregio Avvocato, insieme alla mia famiglia abbiamo da circa 15 anni (io ne ho 39) in locazione un magazzino ad uso non abitativo ovviamente. Il proprietario non ha mai voluto un contratto scritto ma sono molte le persone che sapevano della locazione e che hanno visto materialmente il pagamento del canone nelle mani del proprietario. Ora siamo venuti a sapere che il proprietario sta vendendo il locale, ha già stipulato un preliminare di compravendita ed inoltre proprio oggi ci ha detto, sempre a voce, di sgomberare il magazzino entro fine mese. Mi sono informato ed ho capito che non abbiamo diritto alla prelazione perchè non è un locale in cui c’è contatto col pubblico, però volevo sapere, il nostro contratto verbale di locazione è opponibile al terzo acquirente? E’ prevista anche per le locazioni ad uso non abitativo una tutela simile a quella prevista per le locazioni abitative dall’art. 13 comma 5 della Legge n. 431/98 per far accertare e dichiarare l’esistenza del contratto di locazione di fatto e determinare i canoni? Tutto questo tenendo conto anche della legge finanziaria del 2005 (311/2004) che ha previsto la nullità per i contratti di locazione non registrati (quindi non scritti) all’art. 1 comma 346. Grazie per l’attenzione e saluti cordiali. (Andrea, mail)
L’art. 1, comma 4 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, prevede la forma scritta del contratto di locazione a pena di nullità. In mancanza della forma scritta il conduttore assume la posizione di occupante sine titulo e nei suoi confronti non può essere promosso il procedimento speciale della convalida di sfratto per morosità.
Il comma 346 dell’articolo 1 della Legge Finanziaria 2005, che mi cita, dispone la nullità dei contratti di locazione o dei contratti che costituiscono dei diritti di godimento di unità immobiliari o porzioni delle medesime, comunque stipulati, qualora si ometta la registrazione di tali contratti, rimanendo esenti da registrazione solo i contratti di locazione di durata inferiore a trenta giorni annui. In virtù di tale disposizione, quindi, un contratto non è registrato, è come se non fosse mai stato stipulato. Pertanto il proprietario perderebbe il diritto di ricevere il canone e anche l’inquilino si vedrebbe sottratta la possibilità di vedere riconosciuto il loro diritto alla locazione, trasformandosi in “occupante abusivo”. tale norma, tuttavia, opera per gli accordi intervenuti dopo il 1° gennaio 2005. Per il passato, l’inquilino-conduttore potrebbe chiedere la restituzione di quanto versato, mentre il proprietario potrebbe chiedere al giudice di determinare una somma che l’inquilino gli deve, a titolo di “indennità di occupazione”. Una procedura però a dir poco macchinosa…
Il problema di cui mi parla, Andrea, non è soltanto di natura fattuale, ma è di natura probatoria. Vertendo in tema di contratti così importanti, come quelli di locazione, il fatto che non vi sia stato un accordo consacrato in forma scritta, infatti, non è di poco conto. Mi spiego meglio. Nel nostro ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1325 n. 4 c.c., vige il sistema della libertà delle forme per la stipulazione dei contratti; fatti salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge (per i quali è prevista la forma scritta a pena di nullità), è dunque sufficiente, perché un contratto sia valido e produttivo di effetti, che la volontà delle parti venga manifestata, qualunque sia il modo o la forma di tale manifestazione. Nulla vieta che le parti stipulino un contratto perfettamente valido anche oralmente. Lo stesso contratto di locazione rientra nel novero di quei contratti per i quali vi è piena libertà di forme, con l’eccezione, tuttavia, di quelli che prevedono una scadenza ultranovennale, per i quali la legge impone la forma scritta.
In questi casi, bisogna anzitutto valutare se in concreto le parti abbiano posto in essere, anche attraverso l’adempimento di determinati obblighi reciproci, un contratto qualificabile come locazione. L’art. 1571 prevede che “la locazione è il contratto con il quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un dato corrispettivo”. Una volta stipulato tale contratto, infatti, sulle parti sorgono degli specifici obblighi. Tra quelli del locatore vi è, ai sensi dell’art. 1575 c.c., quello di consegnare il bene al conduttore; e tra quelli del conduttore, ai sensi dell’art. 1587 c.c., quello di versare il corrispettivo canone.
Dal canto suo, lei ha regolarmete pagato il canone mensile di locazione. In questo modo si è posto in essere un vero e proprio contratto di locazione. L’unico problema che può generare un contratto “orale” (come quello da voi concluso), è, tuttavia, la difficoltà, per la parte che vuole dimostrarne l’esistenza, di offrire la prova dell’avvenuta sua stipulazione. ll contratto, infatti, deve essere registrato dal proprietario (denominato “locatore”) presso l’Ufficio del Registro, non soltanto per regolarizzare l’operazione dal punto di vista fiscale, ma soprattutto per rendere il contratto di locazione opponibile ai terzi: in sostanza, la registrazione garantisce l’inquilino rispetto ad altri che pretendano di avere dei diritti sulla casa. L’art. 1599 c.c., infatti, a questo proposito parla chiaro: “Il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente solanto se ha data certa anteriore alla alienazione della cosa…Le locazioni di beni immobili non trascritte non sono opponibili al terzo acquirente, se non nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione”.
Tale norma intende proprio tutelare la posizione del conduttore, tutte le volte in cui nella titolarità del bene possa subentrare un terzo che pretenda di vantare diritti sullo stesso. A tale scopo, peraltro, la Corte di Cassazione ha ritenuto che sia necessario l’atto scritto, essendo irrilevante la conoscenza della locazione da parte dell’acquirente; a tal fine non sono nemmeno ritenuti opponibili al terzo acquirente accordi verbali che non siano poi stati trasposti in un atto scritto. L’art. 1601 c.c., tuttavia, a parziale reitegrazione della perdita subìta dal conduttore “sfrattato”, prevede la possibilità per lo stesso di agire contro il locatore per ottenere il risarcimento del danno patìto a causa della mancata opponibilità del contratto al terzo, essendo un obbligo del proprietario quello di assicurare l’attuazione del vincolo assunto.




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