La valenza probatoria del modulo C.A.I.
"a doppia firma"
Cassazione civile , sez. III, sentenza
13.07.2010 n° 16376
SUPREMA CORTE DI
CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 13 luglio
2010, n. 16376
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele - Presidente
Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere
Dott. TALEVI Alberto - Consigliere
Dott. AMENDOLA Adelaide - rel. Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere
ha pronunciato la
seguente:
sentenza
sul ricorso 25695/2006 proposto da:
*****, ***** in proprio ed in qualità di genitrice esercente la
potestà sul figlio minore *****, elettivamente domiciliati in ROMA, *****,
presso lo studio dell'avvocato *****, rappresentati e difesi dagli avvocati
*****,***** giusta delega a margine del ricorso; - ricorrenti -
contro
***** S.P.A. ***** in persona dei legali rappresentanti ***** e
*****, elettivamente domiciliata in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato
*****, che la rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso; -
controricorrente -
e contro
*****; - intimato -
avverso la sentenza n. 1719/2005 del TRIBUNALE di SANTA MARIA
CAPUA VETERE, I SEZIONE CIVILE, emessa il 5/7/2005, depositata il 25/08/2005,
R.G.N. 3885/2001;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
11/05/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per li rigetto del ricorso
che ha concluso per l'accoglimento p.q.r. del ricorso.
Svolgimento del
processo
Con citazione del giugno 1999 ***** e *****, quest'ultima in
proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sul figlio
*****, convenivano in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Santa Maria Capua
Vetere ***** e *****Ass.ni s.p.a., chiedendo di essere risarciti dei danni
fisici subiti in occasione di un incidente verificatosi il *****, allorchè
l'autovettura sulla quale viaggiavano era stata violentemente tamponata da una
Mecedes Benz di proprietà del ***** e dallo stesso condotta.
Resisteva la sola società assicuratrice che contestava l'avversa
pretesa.
Con sentenza del 21 novembre 2000 il giudice adito rigettava la
domanda.
Proponevano appello i soccombenti e il Tribunale di Santa Maria
Capua Vetere, in data 25 agosto 2005, in parziale riforma della impugnata
sentenza, dichiarava che la responsabilità del sinistro era da ascrivere, al
50%, a *****, per l'effetto condannandolo al risarcimento dei danni in favore
di ***** e di *****, nella misura, quanto al primo, di Euro 3.093,29 (di cui
Euro 618,86, a titolo di danno morale), e, quanto alla seconda, di Euro 200,00,
oltre svalutazione e interessi dal fatto al soddisfo; rigettava la domanda
proposta da *****, quale genitore esercente la potestà genitoriale sul minore
*****; compensava integralmente tra le parti le spese di lite.
Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione *****
e *****, in proprio e nella qualità, formulando quattro motivi e notificando
l'atto a ***** s.p.a. e a *****. Solo la prima ha notificato controricorso,
illustrato anche da memoria.
Motivi della decisione
1 - Col primo motivo gli impugnanti denunciano violazioni
dell'art. 1917 cod. civ., mancanza e insufficienza della motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere il giudice di merito
rigettato la domanda proposta nei confronti di ***** sul presupposto della
mancanza di elementi di prova ulteriori, rispetto alle dichiarazioni contenute
nel modello CAI, senza considerare che la stessa compagnia assicuratrice non
aveva mai negato la collisione tra i due veicoli, limitandosi a contestare la
responsabilità esclusiva del suo assicurato, e che in ogni caso, ritenuto
provato il sinistro stradale tra i soggetti indicati nel modulo, la condanna
andava senz'altro estesa all'assicuratore, tenuto a tenere indenne l'assicurato
ex art. 1917 cod. civ., di quanto lo stesso sia tenuto a pagare a terzi.
1.2 - Le critiche sono fondate.
L'opinione secondo cui la confessione del danneggiante assicurato
farebbe piena prova nel rapporto tra questi e il danneggiato, mentre potrebbe
essere liberamente apprezzata dal giudice nel diverso rapporto tra assicurato
ed assicuratore (sul presupposto che non in tutti i casi in cui è necessaria la
partecipazione al giudizio di una pluralità di parti ex art. 102 cod. proc.
civ., sussisterebbe anche la necessità che la sentenza sia unica per tutte), è
stata expressis verbis disattesa dalle Sezioni
Unite di questa Corte che,
affrontando funditus il problema della efficacia probatoria delle dichiarazioni
del litisconsorte responsabile del sinistro, hanno
segnatamente evidenziato che l'accertamento dei due rapporti in cui questi è
coinvolto - quello col
danneggiato, sorto dal fatto illecito, e quello, di origine contrattuale, con
l'assicuratore - non può che
essere "unico e uniforme per tutti e tre i soggetti coinvolti nel processo"
(Cass. civ., sez. unite, 5 maggio 2006, n. 10311).
L'approdo esegetico si è giovato del rilievo che nella
giurisprudenza di legittimità, sin dagli anni ottanta (Cass. sez. un. nn. 5218
e 5219 del 1983), è costante l'affermazione che la L. n. 990 del 1969,
prevedendo l'azione diretta del danneggiato contro l'assicuratore, e limitando
le eccezioni che questi gli può opporre (L. n. 990 del 1969, art. 18), ha
creato, accanto ai due innanzi indicati, un terzo rapporto che, "sul
presupposto del primo e in attuazione del secondo", obbliga ex lege
l'assicuratore verso il soggetto leso: di talchè questi, allorchè agisce in
giudizio, non chiede che l'assicuratore sia condannato ad adempiere in suo
favore l'obbligo contrattualmente assunto nei confronti dell'assicurato, ma fa
valere un diritto suo proprio.
In tale contesto, e con particolare riguardo alle dichiarazioni
confessorie rese dal presunto responsabile, siano o meno contenute nel
cosiddetto CID, le sezioni unite hanno quindi negato che, nel giudizio
instaurato ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18, possa, in base ad esse,
pervenirsi a decisioni differenziate, in ordine ai rapporti tra responsabile e
danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall'altro. In
particolare, precisato che dichiarazioni confessorie sono solo quelle in cui
siano ammessi fatti che, "valutati alla stregua delle regole in
materia", possano portare alla condanna del soggetto che le ha rese (e non
quindi le mere assunzioni di responsabilità o di colpa), hanno affermato che
l'eventuale confessione, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del
sinistro sottoscritto dal responsabile del danno proprietario del veicolo
assicurato e - come tale - litisconsorte necessario, non ha valore di piena
prova nemmeno nei confronti del confitente, ma deve essere liberamente
apprezzata dal giudice, in applicazione della regola racchiusa nell'art. 2733
cod. civ., comma 3, secondo cui, in caso di litisconsorzio necessario, la
capacità probatoria della confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti
è, per l'appunto, affidata alla prudente valutazione del giudice (confr. Cass.
civ., sez. unite, 5 maggio 2006, n. 10311; Cass. civ., sez. 3^, 25 gennaio
2008, n. 1680).
Peraltro, posto che litisconsorzio necessario sussiste solo tra
proprietario del veicolo, nel quale si identifica il responsabile del danno di
cui parla la L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 23, e assicuratore, mentre non
sussiste, a norma dell'art. 2054 cod. civ., comma 3, tra conducente e
assicuratore medesimo, ovvero tra conducente e proprietario, le affermazioni
confessorie sottoscritte dal primo nel modello di constatazione vanno
liberamente apprezzate nei confronti dell'assicuratore e del proprietario del
veicolo, mentre fanno piena prova nei confronti del confitente secondo
l'art. 2733 c.c., comma 2, artt. 2734 e 2735 cod. civ. (Cass. civ., 7
maggio 2007, n. 10304).
1.3 - Ora, pacifico che nella fattispecie il CID era stato
sottoscritto dal responsabile del danno - e cioè dal guidatore proprietario del
mezzo, litisconsorte necessario della compagnia assicuratrice - non poteva il
giudice di merito valutare in maniera difforme le dichiarazioni dallo stesso rese,
così accogliendo la domanda risarcitoria proposta dai danneggiati nei confronti
dell'uno e rigettandola invece nei confronti dell'altro.
La violazione dei principi in materia di efficacia probatoria
della confessione come innanzi ricostruiti impone la cassazione, sul punto,
della sentenza impugnata.
2.1 - Col secondo mezzo i ricorrenti lamentano vizi
motivazionali con riferimento alla ritenuta operatività della presunzione di
pari responsabilità nella causazione dell'incidente di cui all'art. 2054 cod. civ.,
comma 2, senza considerare che nel modulo di constatazione amichevole del
sinistro risultava marcata la casella 8, relativa al tamponamento e che lo
stesso fiduciario della compagnia assicuratrice aveva riferito di un urto da
tergo di notevole entità (doc. n. 4 del fascicolo di secondo grado).
2.2 - Anche tali censure sono fondate.
Il Tribunale, affermata la responsabilità di ***** sulla base
del rilievo che lo stesso non solo aveva sottoscritto il CID, ma neppure si era
presentato a rendere l'interrogatorio formale deferitogli, ha ritenuto di dover
fare applicazione della presunzione di concorso di colpa di cui all'art. 2054
cod. civ., in ragione della mancanza della benchè minima descrizione delle
modalità del sinistro.
Trattasi tuttavia di rilievo puramente assertivo, per giunta in
contrasto con le non contestate risultanze del CID, nel quale la dinamica
dell'incidente è chiaramente descritta in termini di tamponamento. La decisione
contraddice pertanto il principio di diritto, del tutto pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis Cass., n. 3282/2006; Cass., n.
11444/98; Cass., n. 8917/95; Cass., n. 5672/90; Cass., n. 3343/90), e dal quale
non v'è ragione di discostarsi, secondo cui, per il disposto dell'art. 149,
comma 1, C .d.S.
(T.U. del D.L. 30 aprile 1992, n. 285), sostanzialmente riproduttivo dell'art. 107 C .d.S. previgente, il
conducente deve essere in grado di garantire in ogni caso l'arresto tempestivo
del mezzo, evitando collisioni con il veicolo che precede, per cui l'avvenuta collisione
pone a suo carico una presunzione de facto di inosservanza della distanza di
sicurezza, con conseguente inapplicabilità della presunzione di pari colpa di
cui all'art. 2054 cod. civ., comma 2, e onere del guidatore di dimostrare che
il mancato, tempestivo arresto del mezzo e il successivo impatto sono stati
determinati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili (confr. Cass.
civ. 21 settembre 2007, n. 19493).
Ne deriva che la sentenza impugnata deve essere cassata anche in
relazione a tale motivo.
3.1 - Si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro
evidente connessione, i successivi due motivi di ricorso.
Col terzo mezzo deducono gli impugnanti vizio motivazionale con
riferimento alla disposta liquidazione in via equitativa del danno patito da
***** nella misura di Euro 200,00 soltanto, ivi comprese le spese mediche,
dimenticando che la relazione del consulente di parte, Dott. *****, aveva
riconosciuto alla stessa un danno biologico nella misura del 2%, una invalidità
temporanea totale di giorni 30 e parziale di giorni 15.
Il giudice di merito avrebbe poi ingiustificatamente ignorato il
rapporto ospedaliero del minore *****.
3.2 - Con il quarto motivo lamentano violazione dell'art. 2697
cod. civ., per avere il giudice d'appello negato al guidatore del veicolo *****
il danno patrimoniale, sull'assunto che lo stesso dovesse ritenersi non
provato, laddove l'infortunato aveva documentalmente dimostrato che, a causa
delle lesioni riportate, non aveva potuto eseguire i lavori di ristrutturazione
commissionatigli da un cliente e riscuotere le somme assegnate a titolo di
contributo.
Aggiunge che la disposta compensazione delle spese di causa è
del tutto illogica.
3.3 - Le doglianze non hanno pregio.
Nel determinare l'ammontare del risarcimento spettante agli
attori, ha affermato il giudice a quo, per quanto qui interessa: a)
relativamente al guidatore dell'autovettura, *****, che non era emerso alcun
rapporto di consequenzialità tra il sinistro per cui è causa e il mancato
incarico ad effettuare lavori di ristrutturazione;
quanto a P.M., che, tenuto conto del concorso di colpa di cui
all'art. 2054 cod. civ., le andava equitativamente riconosciuta la somma di
Euro 200,00, di cui Euro 40,00 per spese mediche; c) infine, quanto al minore
*****, che nulla poteva essergli attribuito, non essendo stata prodotta
certificazione medica di sorta, sulla cui base liquidare il danno.
3.4 - Ciò posto, le contestazioni relative al mancato
riconoscimento del pregiudizio subito da ***** per effetto dell'impossibilità
di espletare un incarico professionale si risolvono in una sollecitazione alla
rilettura del materiale istruttorie preclusa in sede di legittimità.
Quanto poi agli altri rilievi critici, essi, nella parte in cui
richiamano le pretese, difformi conclusioni del perito o documentazione
ospedaliera asseritamente ignorata dal decidente, difettano, a tacer d'altro,
di autosufficienza. Si ricorda in proposito che la parte che, deducendo un
vizio di motivazione, si duole di carenze o lacune nella decisione del giudice
di merito che abbia basato il proprio convincimento disattendendo le risultanze
degli accertamenti tecnici eseguiti, siano essi d'ufficio o di parte, o di
documenti prodotti, non può limitarsi a censure apodittiche di erroneità o di
inadeguatezza della motivazione o anche di omesso approfondimento di
determinati temi di indagine, ma, per il principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione e del carattere di giudizio a critica vincolata di tale
mezzo di impugnazione, è tenuta ad indicare, riportandole per esteso, le
pertinenti parti della consulenza ritenute erroneamente disattese o i documenti
asseritamente non valutati, in modo da consentire al giudice di legittimità
(cui non è dato di esaminare direttamente gli atti se non in presenza di
errores in procedendo) di effettuare, preliminarmente, al fine di pervenire ad
una soluzione della controversia differente da quella adottata dal giudice di
merito, il controllo della decisività della risultanza non valutata o
pretesamente valutata in modo erroneo o insufficiente (Cass. civ., 3 novembre
2004, n. 21090).
3.5 - Infine, quanto alla compensazione delle spese di causa, le
contestazioni dei ricorrenti non tengono conto del fatto che nei giudizi ai
quali, ratione temporis, non si applica la legge 28 dicembre 2005, n. 263, che,
modificando l'art. 92 cod. proc. civ., ha introdotto l'obbligo del giudice di
indicare le ragioni della compensazione delle spese di lite, la decisione di
provvedere in tal senso non è censurabile in sede di legittimità, salvo i casi
di mancanza assoluta di motivazione - integrando siffatta ipotesi gli estremi
della violazione di legge di cui all'art. 92 cod. proc. civ (confr. Cass. civ.
19 novembre 2007, n. 23993) - ovvero di enunciazione di ragioni palesemente e
macroscopicamente illogiche, idonee cioè a inficiare, per la loro inconsistenza
o evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale
(Cass,. civ., 11 febbraio 2008, n. 3218): fattispecie tutte che qui non
ricorrono.
4 - In definitiva, il primo e il secondo motivo di ricorso
devono essere accolti; il terzo e il quarto rigettati, solo precisandosi, per
scrupolo di completezza, che le somme liquidate a ***** e a ***** in proprio
potranno subire variazioni in sede di rinvio, a seguito dell'eventuale
riformulazione del giudizio di responsabilità sull'eziologia dell'incidente.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione ai
due motivi accolti e rinviata, anche per le spese, al Tribunale di Santa Maria
Capua Vetere in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di
diritto: nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore
della responsabilità civile da circolazione stradale, le dichiarazioni confessorie rese
dal responsabile del danno, proprietario del veicolo assicurato, chiamato in
causa quale litisconsorte necessario, non possono dar luogo a un differenziato
giudizio di responsabilità, con riferimento al rapporto tra responsabile e
danneggiato, da un lato, e a quello tra danneggiato ed assicuratore dall'altro.
Esse, liberamente apprezzate dal giudice, devono essere oggetto di una
valutazione unitaria nei confronti di tutti e ciascuno dei litisconsorti.
Il giudice di rinvio dovrà inoltre motivare tenendo conto che
l'avvenuta collisione di un veicolo con quello che lo precede pone a carico del
conducente una presunzione de facto di inosservanza della distanza di
sicurezza, con la conseguenza che, non potendosi applicare la presunzione di
pari colpa di cui all'art. 2054 cod. civ., comma 2, egli resta gravato
dall'onere di dare la prova liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo
arresto dell'automezzo e la conseguente collisione sono stati determinati da
cause in tutto o in parte a lui non imputabili.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso;
rigetta il terzo e il quarto; cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia
anche per le spese del giudizio di cassazione al Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere in diversa composizione.
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